BENI ESSENZIALI E NON ESSENZIALI: ECCO COME STA RIPARTENDO IL TERZIARIO DOPO DUE ANNI DI PANDEMIA
La presidente dell’Unione Confcommercio: ci lasciamo alle spalle un periodo drammatico, ora occorre un cambio di passo e un alleggerimento degli adempimenti
L’opinione di albergatori, gestori di discoteche e alimentaristi
“Un cambio di passo deciso, improntato a fiducia, investimenti e nuove progettualità, sempre nel rispetto delle norme ma all’insegna però dell’alleggerimento degli adempimenti: sono questi gli ingredienti fondamentali” - secondo la presidente dell’Unione provinciale Confcommercio Dania Sartorato – “con i quali occorre affrontare la ripartenza, che si sta affacciando, sia pure tra luci, ombre e paure. In due anni di pandemia hanno chiuso 2656 imprese nel terziario (dati Format/Confcommercio), ma ne sono anche nate 1597. A questo si aggiunge il buon dato della campagna vaccinale perché l’85% della popolazione è vaccinata e quindi abbiamo buoni motivi per lasciarci alle spalle un periodo che ha visto la nostra provincia fortemente colpita dai contagi: 188,526 la terza del Veneto. Siamo rimasti in piedi grazie a pesanti sacrifici ed ora è necessario guardare con maggior fiducia e coraggio al futuro, lo stesso che abbiamo avuto due anni fa col primo, pesante, lockdown. Chiediamo un alleggerimento chiaro e progressivo delle restrizioni e meno oneri a carico degli esercenti, primo fra tutti il controllo dei green pass, che da adempimento a carico di terzi deve diventare un obbligo personale, con relative sanzioni a carico dei singoli e non gli esercenti”.
Tra le categorie più penalizzate, ci sono gli albergatori, oltre 140 in provincia. “Siamo stati - spiega il Presidente di Federalberghi Giovanni Cher - Tra le categorie più penalizzate, ci sono gli albergatori, oltre 140 in provincia. “Siamo stati - spiega il Presidente di Federalberghi Giovanni Cher - tra le categorie più colpite, abbiamo perso una media dell’80% dei fatturati e i ristori non superano il 20%. Sono arrivati col contagocce. Per le città d’arte il 2022 sarà ancora difficile e critico, la ripresa vera arriverà, salvo altre ondate, a partire dal 2023, quando riprenderà a viaggiare la clientela straniera da oltreoceano. Ad inficiare la ripartenza contribuisce la triplicazione delle bollette, le nostre strutture sono grandi e gli aumenti di conseguenza sono devastanti. Certo, guardando ai 2 anni di pandemia, posso dire che il 2021 è andato meglio del 2020, per il 2022 siamo ottimisti, ma quando finirà la CIG ci sarà il rischio di perdere molte delle nostre migliori risorse”.
“Il mondo delle discoteche e delle sale da ballo”- conferma il Presidente del Silb – Confcommercio Renzo Venerandi – è stato in assoluto il più colpito ma non ci siamo mai arresi. Il primo week-end di riapertura ci fa ben sperare anche se la prudenza è d’obbligo. Le fasce di pubblico sono essenzialmente tre: i giovani 16-25 anni, con tanta voglia di divertirsi e di libertà, la fascia 25-40, più cauta ma pronta a tornare in pista, e gli over 40-50, un pubblico affezionato, molto prudente e corretto, che sta lentamente ritornando. La voglia di uscire c’è in tutte le fasce: è un desiderio legittimo, che torna oggi ad imporsi come dimensione importante della qualità della vita, un traino per la ripartenza di un settore importante.”
Gli alimentaristi, i “casoini”, i piccoli eroi della spesa quotidiana- conclude il presidente di Fida – Confcommercio Riccardo Zanchetta – “escono da due anni pesanti dove hanno dato il massimo per sopperire alle esigenze della popolazione malata e chiusa in casa. Anche per questo lo scorso anno li abbiamo premiati. Ci siamo tutti messi in gioco per garantire spese, consegne in tempi veloci e serenità alle famiglie e ai quartieri. La gente ha riscoperto il valore del negozio di prossimità e il delivery sta restando, come abitudine, per il 30% dei consumatori. Abbiamo avuto, soprattutto in quest’ultima ondata, microsituazioni difficili da gestire perché i nostri stessi dipendenti sono stati colpiti dal Covid, quindi ci siamo trovati a dover chiudere anche per 15 giorni senza poter garantire il servizio quotidiano”.